Reggio Calabria: l’attesa sentenza del processo Crimine

Da queste straordinarie intercettazioni, realizzate nel Santuario di Polsi, sull’aspromonte, e che delinearono un quadro preciso degli assetti della ‘ndrangheta, si è originata l’inchiesta “Il Crimine”, senz’altro la più importante mai effettuata contro le cosche calabresi. Più di 300 le ordinanze di custodia cautelare emesse dalle Procure di Milano, Monza e Reggio Calabria per arrestare boss acclarati e centinaia di affiliati alle cosche, in Calabria e anche nel resto d’Italia. Il quadro che ne venne fuori fu devastante e confermò che il cuore economico della ‘ndrangheta è a Milano, anche se il controllo resta nel reggino. Adesso è arrivata l’attesa sentenza, emessa dal gup di Reggio Calabria, Giuseppe Minutoli, per i 127 imputati giudicati con il rito abbreviato: 93 le condanne, 34 le assoluzioni. La condanna più alta, 14 anni ed otto mesi, è stata inflitta a Giuseppe Commisso. Domenico Oppedisano, ritenuto il “capo crimine”, ha avuto 10 anni, a fronte di una rischiesta della Dda di 20 anni di reclusione. In totale, oltre 1.600 anni di carcere erano stati chiesti dalla Direzione Distrettuale Antimafia per gli imputati. Una quarantina di altri presunti affiliati alla ‘ndrangheta hanno deciso di farsi processare con il rito ordinario davanti al Tribunale di Locri. Nel procedimento sono parti civili la Regione Calabria, la Provincia di Reggio Calabria, l’Anas, l’associazione Sos Impresa e la Federazione Antiracket Italiana, ma, soprattutto, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno. Per Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, “L’impianto accusatorio comunque, alla luce della sentenza del Gup, ha tenuto”.

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