Sibari: scavi allagati, finalmente riemergono i primi reperti

Hanno dovuto lavorare di giorno e di notte, ininterrottamente, i vigili del fuoco per poter arrivare a liberare, parzialmente, gli scavi archeologici di Sibari dall’acqua che li ha completamente ricoperti, dopo l’inondazione provocata dal fiume Crati, che ha rotto gli argini, poco più a monte, una settimana fa. Le idrovore dei pompieri hanno aspirato milioni di litri d’acqua, liberando almeno il percorso per i visitatori. E le strutture murarie più elevate hanno fatto finalmente la loro comparsa. Ma i preziosi mosaici dipinti, che costituiscono i pavimenti delle antiche abitazioni greche, sono ancora sotto il fango. E proprio il fango è adesso il vero nemico degli scavi: se non verrà ripulito subito, si rischia che solidifichi sotto il sole, diventando poi una cosa sola con i reperti. Che, di fatto, oltre a deteriorarsi, dovranno poi essere nuovamente dissepolti dal terreno. E’ una corsa contro il tempo, quella che deve adesso partire a Sibari. Per fortuna, da più parti arriva la disponibilità di diversi gruppi di appassionati, pronti a dare una mano per ripulire i resti archeologici dalla fanghiglia. Gruppi che però dovranno essere coordinati e anche controllati, visto che il lavoro da fare è davvero delicatissimo. Intanto montano le polemiche. Regione e Governo non ci hanno affatto aiutato, dicono dal Comune di Cassano Ionio. Mentre invece la Protezione Civile regionale pretende giustizia, affermando che, pur non avendo mezzi specifici, ha inviato subito diverse pompe, oltre ad aver allertato le associazioni di volontariato.

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